Bisogna riconoscere al Tam di non aver mai perso o barattato con nuove voghe drammaturgiche la loro iniziale fiducia sperimentale in una forma di teatro o di scrittura scenica “totale". Un edificio dove coabitano senza pestarsi i piedi o rubare lo spazio a favore dell'autore, dell'attore o del regista le varie Muse dello Spettacolo; dove il copione stabilisce fruttuosi rapporti di gemellaggio con la partitura musicale e sulla scena gli attori, gli esecutori intrecciano relazioni ludiche e polifoniche fra la parola, il suono e l'immagine. E va aggiunto anche che sono rimasti fedeli a questo loro credo artistico nel solco della tradizione d'avanguardia, mantenendo una curiosità e una vivacità di umori che evita il rischio delle secche formali, la sclerosi della maniera, comune ad una ricerca caduta nella ripetizione e nella riproduzione del “dejà vu”...