Critica
Dar corpo agli strumenti
Bisogna riconoscere al Tam di non aver mai perso o barattato con nuove voghe drammaturgiche la loro iniziale fiducia sperimentale in una forma di teatro o di scrittura scenica “totale". Un edificio dove coabitano senza pestarsi i piedi o rubare lo spazio a favore dell'autore, dell'attore o del regista le varie Muse dello Spettacolo; dove il copione stabilisce fruttuosi rapporti di gemellaggio con la partitura musicale e sulla scena gli attori, gli esecutori intrecciano relazioni ludiche e polifoniche fra la parola, il suono e l'immagine. E va aggiunto anche che sono rimasti fedeli a questo loro credo artistico nel solco della tradizione d'avanguardia, mantenendo una curiosità e una vivacità di umori che evita il rischio delle secche formali, la sclerosi della maniera, comune ad una ricerca caduta nella ripetizione e nella riproduzione del “dejà vu”...
Nico Garrone, 1990
Un gruppo che fonde parola suono e corpo
...questa "totalità" fattasi col tempo liberissima e sfaccettata, imprevedibilmente ludica e sprizzante empatia si è riversata in quasi 80 creazioni teatrali: spettacoli il cui elemento generatore e catalizzatore è spesso l'avvincente e incontenibile immaginazione di Michele Sambin... ...questa lezione di uno dei gruppi teatrali più originali della scena sperimentale italiana è ora raccolta in Megaloop. L'arte scenica di Tam Teatromusica, un volume...
Giordano Montecchi, 2010
Una compagnia che mixa musica immagine scena
...Il loro percorso tra immagine, suono e corpo ha prodotto un linguaggio originale e sempre riconoscibile che li ha fatti conoscere in Europa. La definizione citata nel libro del loro lavoro come "pittura di luce" offre una prospettiva che può ancora, più di ieri, procurare sorprese.
Gianfranco Capitta, 2010
Frammenti brevi
...un Ruzante giapponese (teatro NO), incomprensibile come quello, un brontolio profondo ma dove in effetti si capisce tutto. Lingua musicale, del non detto verbale. (Antonio Attisani,1991, in Archivio Tam Contributi, vol. 2) ...Tam Teatromusica, una formazione aristocratica e appartata, che da diversi anni lavora sui rapporti tra corpo e gesto degli attori, immagine scenografica e ricerca musicale... (Renato Palazzi, 1990, in Archivio Tam Contributi vol.2) ...teatromusica, vale a dire una delle strade meno battute del teatro di ricerca in cui l'esecuzione è ricavata da una drammaturgia scritta con le note invece che con le parole... ...alla fine il coup de théatre più bello. Tutto è buio, i quattro attori hanno la testa infilata in quattro teatrini in miniatura. Le uniche luci vengono da lì. Di colpo si chiudono i quattro sipari, scompaiono le teste, scompaiono le luci. Che differenza c'era tra il teatro, la musica, la vita e le sue sette età?... ...il pezzo dedicato a Cage, niente altro che una pausa. Ma questa pausa si va lentamente riempiendo di quinte piene di oggetti alla Rauschemberg... (Franco Cordelli, 1990, in Archivio Tam contributi vol. 2) ...Tam prosegue con un rigore straordinario, per l'ideazione e le scelte stilistiche, la sua ricerca in direzione di una scrittura scenica totalizzante per musica, gesto, contenuto espressivo... (Valeria Ottolenghi, 1988 in Archivio Tam Contributi vol.2)
autori vari
Megaloop 30 anni di Tam Teatromusica
Trent’anni di sperimentazione meritano una festa. Il Tam Teatromusica, la compagnia padovana di Michele Sambin, Pierangela Allegro e Laurent Dupont (più tanti altri compagni di strada) la celebrazione se l’è concessa sontuosa ma per nulla esagerata. Dall’8 maggio al 6 giugno ha organizzato al Centro culturale Altinate/San Gaetano di Padova una mostra ricca di materiali (foto, video, installazioni, disegni, partiture sonoro-visive, oggetti, performance, incontri, workshop...), ha pubblicato una raccolta di dvd degli spettacoli prodotti in questi trent’anni e, con la casa editrice Titivillus, un libro a cura di Fernando Marchiori, con un bel dvd che raccoglie le sintesi di venti titoli tra i più significativi...
Massimo Marino, 2010
Sento il tuo corpo vibrare anzi suonare
Non si dovrebbero mai affrontare temi culturali troppo vasti nelle pagine dei quotidiani. Per questo ci sono i libri e talvolta neppure quelli bastano. Però a volte si è costretti: incontri come, a Padova, le recenti performances di Tam teatromusica, uno dei gruppi teatrali di ricerca più interessanti del nostro paese, innescano una reazione a catena in merito al matrimonio fra teatro e musica: tema grande e antico come il mondo, che perennemente ritorna e fa discutere o litigare; e che solo a dirlo fa venir voglia di smettere prima di cominciare. Sotto la guida di Michele Sambin, drammaturgo, attore e musicista, questo manipolo di performers, lavora da anni sulla linea di confine fra immagine, suono, corpo, voce, movimento. Ingredienti che, a sentirli elencare sono ingredienti che in materia di teatro non dicono nulla di nuovo: sempre loro sono, dalla notte dei tempi. Eppure il segreto sta nella ricetta e quando, come in questo caso, la musica o meglio i musicisti, gli strumenti stessi, diventano protagonisti diretti, attori, generatori di movimenti, figurazioni, simbologie, dialoghi o amplessi, allora le carte si rimescolano di colpo e il risultato ha una freschezza inedita, tanto più apprezzabile perché ottenuta con pochi mezzi, con tecnologie portatili guidate da un’inventiva sorprendente...
Giordano Montecchi, 2003
Nei Bastioni del tempo
In quell’atmosfera irreale e in quella struttura per immagini si muovono anche i due successivi lavori con Ruzante che Sambin comporrà nel 2003: Più de la vita, un assolo per voce, corpo e strumenti che debutta all’Odeo Cornaro, e Là on son stato io me, dedicato al padre, da poco scomparso. Il primo è forse il vertice della tecnica – e della tecnologia – sambiniana applicata a Ruzante. Da solo in scena, performer autarchico e insieme testimone distaccato della propria partecipazione emotiva, Sambin concretizza ancora una volta la Lettera all’Alvarotto come “un sogno, un viaggio animato da visioni, un affresco di immagini generato da parole che sono suoni e che diventano musica che a sua volta evoca paesaggi”. Il testamento artistico e spirituale di Beolco viene qui a significare la sintesi dell’intera parabola artistica di Sambin, il quale riprende ed esalta soluzioni e materiali già sperimentati nei precedenti lavori: i cani come sipario sonoro del sogno, il clarinetto fallico già impugnato in Fuore, i risuonatori “dialettali”, lo scarto dialogico tra pavano e traduzione in lingua.
Fernando Marchiori, 2010
Luce, pittura, drammaturgia
La pittura instaura relazioni molteplici con la poetica di Tam Teatromusica: riferimento sempre presente dal punto di vista dei materiali iconografici alla base dell'elaborazione scenica, non infrequentemente compare anche materialmente negli spettacoli e negli ultimi anni costituisce una parte fondante della partitura nella forma della digital painting. Metteremo qui in evidenza alcuni momenti significativi delle possibili relazioni tra luce drammaturgica e pittura. Tenendo conto della potenzialità della luce di tradurre la dimensione “mistica” o estatica a cui si approda a partire dall'emozione, sarà ancora il Sogno di Andrej a dipanare il filo delle nostre considerazioni. Nell'incipit la luce isola un corpo unico formato dalle quattro figure, una sorta di coro che recita un testo tratto dalla sceneggiatura del film di Tarkovskij. Spiccano le mani, frammento che allude al motivo portante della messinscena, l'artefice e la sua creazione; a questa visione si sovrappone parzialmente l'ombra dell'artista, violoncellista, che prende sempre più spazio (cioè luce), fino a farsi traduzione e “figura” della scena iniziale del film, evocando i temi messi in gioco dall'opera...
Cristina Grazioli, 2010
Megaloop 30 anni di Tam
Sensi di colpa. Come era stato possibile mettere tra parentesi per tanti anni un artista straordinario come Michele Sambin, un gruppo indimenticabile come Tam Teatromusica? Questo il sentimento prevalente nell’assoluta fascinazione del percorso espositivo,
attraversato, vissuto, presso il Centro Culturale Altinate/ San Gaetano di Padova in un giorno di primavera: rigore ed eleganza, purezza estetica e colta teatralità, raffinata ricerca formale e prezioso intreccio di linguaggi, ogni singolo elemento - disegni, video, memorie teatrali, elementi visivi capaci di dare ritmo allo spazio - così come le singole sale e quindi il tutto di un’assoluta perfezione. Una travolgente e limpida emozione, la mente accesa dai ricordi e dalle sorprese, dalla bellezza e dall’intelligenza della mostra, di speciale magia, in originali equilibri di visioni: come per tutti i lavori di Tam... Valeria Ottolenghi, 2010
28 anni di Tam
...La scena diventa un terreno astratto, una tavolozza da pittore in cui gli strumenti musicali prendono vita, si muovono, suonano da soli mentre un pennello luminoso interviene su attori, oggetti, strumenti trasformandoli in sagome surreali, pitture animate, tableaux vivants...
fernando marchiori, 2008