Riportiamo con piacere la recensione di Giancarlo Visitilli, che ha visto PICABLO al Teatro Kismet di Bari
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La Repubblica – Bari
5 febbraio 2017
Picablo e l'arte dello scomporre la vita
Di Giancarlo Visitilli
Scomporre le forme, per mettere insieme il senso delle esistenze umane, scandagliandone fino alla perfezione quel che si colora dentro. Diciamolo subito, Picablo, il meraviglioso spettacolo della Compagnia Tam Teatro Arte Musica, con Flavia Bussolotto e Alessandro Matinello, non è uno spettacolo per bambini. O meglio, lo è, senz’altro da un’età non inferiore ai sette anni, ma soprattutto è per tutti coloro che, a partire dal colore e dalle forme di un immenso autore come Pablo Picasso, avvertono l’esigenza di giocare a comporre, scomporre e ridurre a piacimento le forme delle proprie esistenze. Picablo è andato in scena sul palco del Teatro Kismet di Bari, nell’ambito della Rassegna “Famiglie a teatro” per i Teatri di Bari, Teatro di Rilevante Interesse Culturale.
Rendendo appieno la poetica dell’artista tra i più importanti della Storia dell’arte del ‘900, Bussolotto/Mattiniello riescono a trasformarsi essi stessi in tele su cui si ricompone il senso di un mondo scisso fra guerra e pace, gatti randagi e colombe, vita e morte. Riproducendo la maggior parte delle opere più rappresentative dell’arte di Picasso, i due attori e performers, utilizzando i più svariati linguaggi, fra quelli del corpo, tipicamente dell’arte grafica e delle più moderne tecniche dell’informatica applicata alla video arte, restituiscono una pagina di storia che è pura goduria per gli occhi, ma grande fascino per tutti gli organi di senso, continuamente coinvolti in uno spettacolo che 'muove' ogni cosa, compresi quegli oggetti, dotati di una propria staticità.
Pur non essendo proprio uno spettacolo per bambini, o almeno lo è, ma solo da una certa età (altrimenti il rischio è quello di interagire con le loro lagne e stanchezze ammorbanti nei confronti di genitori incollati alla poltrona per la bellezza di ciò a cui assistono), da spettatori si avverte quella stessa sensazione provata dall’artista spagnolo, quando sostenne che “a quattro anni dipingevo come Raffaello, mi ci è voluta una vita intera per imparare a disegnare come un bambino”. Perché Picablo aiuta a tornare bambini, in quell’età in cui il mito e il sogno si intrecciano e danno vita a capolavori artistici, sintetizzati molto bene dai due attori sul palco, quasi alla fine dello spettacolo, dove i colori si combinano fra loro e tutto rimanda ai colori della natura, dal mondo vegetale a quello animale, e di passaggio anche attraverso quelli tipici dell’uomo che non ha mai smesso di ingrigire, annerire, adombrare la bellezza. Così avviene in uno dei momenti più emozionanti dello spettacolo, quando Flavia Bussolotto e Alessandro Matinello, come mossi dentro, scolpiscono con i loro corpi tutti i protagonisti di quell’enorme tela, “Guernica”, che rimane fra le più importanti testimonianze poetiche in rapporto alla descrizione reale della guerra come strazio, urlo, fine di ogni cosa. Tutto il lavoro di Picablo, affidato all’elaborazione di Michele Sambin, anche autore delle musiche che sono assolutamente un’unica cosa con quanto si descrive, dipinge, realizza sul palco, ad oggi restano la migliore lezione di storia, non solo dell’arte, di un artista, di cui ci vorranno ancora tanti anni ancora per definirne la sua grandezza.